Con l’entrata in vigore, l’11 dicembre scorso, del D.L. n. 132/2014, separarsi e divorziare in modo consensuale è diventato più veloce ed economico.
Ora,infatti, oltre che nelle aule dei tribunali, i coniugi possono decidere di dirsi addio anche utilizzando le forme della cosiddetta “Convenzione di negoziazione assistita”, da redarsi ad opera dei propri legali davanti ai quali se ne effettuerà la sottoscrizione, oppure recandosi semplicemente di fronte all’ufficiale di stato civile.

Ma analizziamole nello specifico.
La procedura di negoziazione assistita consiste essenzialmente nel raggiungimento di un accordo, sottoscritto dai coniugi, con il quale essi convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere la controversia in via amichevole: tale accordo verrà redatto dall’avvocato (che dovrà essere uno per parte) e andrà a sancire e regolamentare la separazione o il divorzio, producendo i medesimi effetti di una sentenza giudiziale.
Le coppie che desiderano separarsi o divorziare potranno accedere alla convenzione di negoziazione assistita indipendentemente dall’esistenza o meno di figli, siano essi già maggiorenni oppure minorenni, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.
Il suddetto accordo sarà poi trasmesso, a cura dell’avvocato, prima al Procuratore della Repubblica il quale, accertata la sussistenza delle condizioni e dei requisiti di legge, emetterà un nulla osta e, successivamente, all’ufficiale di stato civile del Comune in cui il matrimonio risulta iscritto o trascritto, che opererà le trascrizioni di legge.
Qualora invece il matrimonio fosse caratterizzato dall’assenza di figli minori, maggiorenni incapaci, portatori di handicap gravi o economicamente non autosufficienti, e ove la separazione non comporti alcun patto di trasferimento patrimoniale (uso della casa coniugale, assegno di mantenimento o altre utilità economiche), sarà sufficiente, per i coniugi, rivolgersi all’ufficiale di stato civile del comune di residenza di uno dei due, o del comune in cui l’atto di matrimonio è stato iscritto o trascritto, e dichiarare di volersi separare o divorziare.
La suddetta procedura si esaurisce in soli due incontri: nel primo i coniugi provvedono a sottoscrivere l’accordo di separazione davanti all’ufficiale di stato civile, nel secondo, che avverrà entro trenta giorni, confermano la loro volontà di procedere con la separazione o il divorzio sulla base dell’accordo, che sarà poi trascritto nei registri matrimoniali.

Utilizzando questa modalità gli unici costi, fatta eccezione per la presenza di un avvocato che resta tuttavia facoltativa, sono i 16,00 € da corrispondere all’ufficiale di stato civile al momento della sottoscrizione dell’atto contenente la conclusione dell’accordo, a titolo di diritto fisso.
Questa riforma, detta del “divorzio facile”, ha indubbiamente semplificato la vita delle coppie: secondo una stima dell’AMI (Associazione Matrimonialisti Italiani), infatti, gli addii consensuali rappresentano oggi il 70 per cento e la possibilità di risolvere tutto fuori dalle aule dei tribunali mira a contribuire ad abbassare il naturale livello di conflittualità e di stress.
Un’ultima, doverosa, precisazione: questa riforma non ha modificato i tempi per poter richiedere il divorzio, che, ad oggi, restano di tre anni dall’avvenuta separazione.
L’evoluzione di tale riforma nel “divorzio breve”, con l’abolizione cioè dei tre anni di separazione, costituirebbe certamente il vero cambiamento nella disciplina dell’addio consensuale.
Avv. Federico Guernelli, Foro di Bologna